Cristina Rizzo

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    • Cristina Rizzo

    VENERDÌ 11 SETTEMBRE 2015 | 22.45 | 50′
    LA PELANDA | TEATRO 2

    Bolero Effect sarà presentato in double bill con e-ink di mk

    danza

    Bolero effect

    concept e coreografia Cristina Rizzo
    performance Annamaria Ajmone, Cristina Rizzo, Simone Bertuzzi
    elaborazione sonora e djing Simone Bertuzzi aka PALM WINE
    disegno luci e direzione tecnica Giulia Pastore
    cura e distribuzione Chiara Trezzani
    produzione 2014 CAB008 con il sostegno di Regione Toscana e MiBACT
    coproduzione La Biennale Danza, Venezia

    www.cristinarizzo.it

    “Quello che ho scritto è un pezzo che consiste interamente di ‘tessuti orchestrali senza musica’ con un lunghissimo e graduale crescendo. Non ci sono contrasti e praticamente non c’è invenzione a parte per il modo in cui può essere eseguito. I temi sono nel complesso impersonali…tonalità-folk nel tipico modo Ispanico-Arabo, e (malgrado si possa dire il contrario) la scrittura orchestrale è semplice e lineare per tutta la durata del pezzo, senza il ben che minimo tentativo di virtuosismo…ho fatto esattamente ciò che volevo, ed è solo all’ascoltatore la decisione di prendere o lasciare.” (M.Ravel)

    Il Bolero di Ravel è la danza sul filo del rasoio, sul bordo estremo della radura illuminata dai fuochi dell’accampamento, cui i danzatori si avvicinano per rubare qualche centimetro al bosco e al mistero. (J. Ortega y Gasset)

    BoleroEffect è un tracciato, un percorso che si sviluppa come un oggetto coreografico attorno all’assunto esplicito che il Bolero di Ravel è la partitura orchestrale più popolare esistente al mondo, una musica che tutti conoscono e riconoscono. Dato questo punto di partenza sarà possibile verificare una condizione del corpo in ‘apertura massima’, forzare la traiettoria sinuosamente accattivante di una massa eccitata. Ma che cosa è effettivamente un Bolero? È come un’isola deserta. Un luogo dove ri-cominciare, lontano dai continenti, un tracciato sonoro dentro cui trovare delle brecce, dove praticare delle turbolenze corporee e un’erotica del corpo tesa a rompere il quadro della compostezza spingendosi verso altre dimensioni, un luogo dalle molte risonanze esistenziali. Scritto nel 1928, quando Ravel aveva 53 anni e soffriva dei primi sintomi del FTD (frontotemporal dementia), in un certo qual modo, il Bolero è un ‘esercizio da comportamento compulsivo’. L’intero pezzo è costruito su una singola melodia, divisa in due frasi, che si ripete nove volte. Il Bolero raveliano ci trascina, senza particolari allusioni, senza nostalgia, in uno stato di esaltazione inibita, in un felice coinvolgimento collettivo. Sul piano musicale il progetto si articola intorno alla ricerca di sonorità border-crossing di ritmiche da ballo pensate come una corsa archeologica a partire dal Bolero di Ravel. L’ambiente sonoro, in cui si inscrive la partitura coreografica, è costruito su flussi decrescenti e dilatazioni come in una sorta di dance hall post- globale. Il tentativo è quello di attivare un luogo di co-abitazione, un luogo utopico della scena dove figura e sfondo perdono i propri limiti. Spostare il paradigma dal dominio alla disposizione. Un corpo che si prepara ad una trasformazione deve attivare un lume interno, qualcosa di simile ad un fuoco luminoso. Procedere per rapide dissolvenze, fosforescenze e pulviscoli. Ma è mai possibile la definitiva rinuncia a tutte le proprie abitudini mentali?

    NOTE MUSICALI di Simone Bertuzzi

    Bolero #1 – Venezia

    Il primo Bolero è andato, sfumato in laguna durante la Biennale Danza di Venezia. Con Cristina Rizzo abbiamo deciso di pubblicare la registrazione integrale di tutti i Bolero (la prossima tappa è a Santarcangelo, il 12 e 13 Luglio). Per me è inoltre un’occasione per pubblicare una serie di nuovi mix, concepiti per lo spettacolo, ma con una loro indipendenza se decontestualizzati. Questo Bolero cresce a partire da una memoria esotica (Martin Denny) e chiude in una delle Leiyla Visitation di Halim El Dabh, un ‘electronic drama’ su nastro manipolato (in entrambi i casi siamo negli anni ’50). Il centro è invece una selezione di Nu Cumbia contemporanea e Tarraxinha portoghese e angolana, un genere che è concepito per “loosen up your partner before hitting the sack” – come ci racconta Benjamin Lebrave.

    Special dedication to all the dancehall queens!

    MIX AUDIO VENEZIA: https://soundcloud.com/palmw/bolero-1-venezia-1

    MORE: http://www.palmwine.it/?p=1348

     

    Bolero #2 – Santarcangelo

    Il secondo Bolero. A Santarcangelo•14, dopo Venezia. Come per il primo volume pubblichiamo alcune note. Il Bolero #2 cresce di intensità, diventa forse più aggressivo e non mette a fuoco un unico genere — ne mischia tanti: moombahton, rasterinha, cumbia, qualche memoria tarraxha del primo step in laguna e, più in generale, global bass. Raramente elenco generi e sottogeneri parlando di un mix, ma in questo caso mi par sensato dare un contesto. La selezione si blocca bruscamente attorno ai 35′ e lascia spazio a una versione kizomba di Liberian Girl di Micheal Jackson, firmata Dj Paparazzi. Quel brano di MJ contiene una strofa cantata in swahili, una lingua diffusissima in gran parte dell’Africa Orientale, e ha raccolto segnali positivissimi in alcuni stati africani, su tutti, ovviamente, la Liberia (non a caso Chief Boima ha incluso la versione originale nelle sue Open Sessions). Il mix si chiude con un brano di una band kenyota, un noto successo ‘hotel pop’, ovvero una modalità di intrattenimento musicale sviluppatasi in Kenya negli anni ’80, il cui scopo era quello di accogliere i turisti occidentali negli hotel e resort, flirtando sia con alcuni stereotipi locali (“hakuna matata”, ad esempio, ripetuto più volte, una delle prime espressioni care a chi arrivava in quelle aree, il cui significato è “non c’è problema”), sia con la lingua inglese. Jambo Bwana è firmato dai Them Mushrooms, il nome della band è curioso quanto la loro storia; nel brano, vagamente reggae, è presente un riferimento a Micheal Jackson e a Lionel Richie, il quale a sua volta ha utilizzato qualche parola swahili in un suo pezzo (All Night Long) e, a quanto pare, un riferimento ad una zuppa di funghi allucinogeni, da cui, forse, il nome della band.

    MIX AUDIO SANTARCANGELO: https://soundcloud.com/palmw/bolero-2-santarcangelo

    MORE: http://www.palmwine.it/?p=1400

     

    BIOGRAFIA 

    Coreografa e danzatrice, Cristina Rizzo è attiva sulla scena della danza contemporanea italiana a partire dai primi anni Novanta. Basata a Firenze, si è formata a New York alla Martha Graham School of Contemporary Dance, ha frequentato gli studi di Merce Cunningham e Trisha Brown. Rientrata in Italia ha collaborato con diverse realtà artistiche tra cui il Teatro Valdoca, Roberto Castello, Stoa/Claudia Castellucci, Mk, Virgilio Sieni Danza, Santasangre. E’ tra i fondatori di Kinkaleri, compagnia con la quale ha collaborato attivamente attraversando la scena coreografica contemporanea internazionale ricevendo numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio Lo Straniero e il Premio Ubu.
    Dal 2008 ha intrapreso un percorso autonomo di produzione e sperimentazione coreografica indirizzando la propria ricerca verso una riflessione teorica dal forte impatto dinamico. Il primo progetto a firma autoriale è DANCE N°3 (co-prodotto dal Roma Europa Festival e da Aperto Festival) che l’ha vista interprete di una partitura coreografica ideata attraverso scambi di scrittura corporea tra i coreografi Eszter Salamon, Michele Di Stefano e Matteo Levaggi.
    Concentrandosi in questa prima fase sulla necessità di rigenerare l’atto di creazione stesso, tra il 2010 ed il 2011 produce diversi oggetti coreografici a metà strada tra i linguaggi della performance, della danza e delle arti visive. Di questo periodo sono: AHAH; WAUDEVILLE (prodotto da Xing per F.I.S.Co. 2010); le performance lectures EX/PORNO; il solo VOICE OVER co-realizzato con la coreografa Ezster Salamon; il duetto MICRO DANZE CON UN CANE ADDESTRATO; la partecipazione come ospite al progetto CRITICAL CAB e INSTRUCTION SERIES III / Orang Orang (prodotto dal Roma Europa Festival 2011).
    La successiva produzione è indirizzata ad una ricerca coreografica tesa ad aprire riflessioni sul tempo presente attraverso un’idea di opera come estrema ricomposizione. Nel 2012 debutta INVISIBLE PIECE, solo che parte dalla riconsiderazione di un pezzo di storia della danza (La morte del cigno nella famosa prima versione danzata dalla Pavlova ) attualizzato in modo critico e complementare. Nel 2013 debutta LA SAGRA DELLA PRIMAVERA PAURA E DELIRIO A LAS VEGAS, interpretazione in solo della Sagra di Stravinskji, che propone uno spiazzamento tra il visivo ed il sonoro. Nel 2014 il nuovo lavoro BoleroEffect, che debutta alla Biennale Danza di Venezia, si inscrive in questo percorso come ultima tappa d’indagine di istanze espressive legate direttamente alla storia della danza. Dal 2012 è inoltre impegnata in diversi progetti collaterali: sviluppa con la studiosa Lucia Amara il progetto di ricerca Loveeee (in collaborazione con Xing) con una serie di performances/lectures sul tema della ‘grazia’; è coreografa ospite alla Biennale Danza di Venezia nella sezione Atleta Donna; è interprete di una produzione del coreografo marocchino Taoufiq Izeddiou per Août En Danse a Marsiglia; è coreografa ospite del progetto itinerante Miniatures Officinae per Marseille Capitale Européenne de la Culture; crea una nuova coreografia per Aterballetto dal titolo TEMPESTA / THE SPIRITS e per il Maggio Musicale Fiorentino firma le coreografie per ORFEO E EURIDICE su musiche di Gluck e con la regia di Denis Krief al Teatro della Pergola di Firenze.

    Attualmente una delle principali realtà coreografiche italiane è ospitata nei più importanti festival della nuova scena internazionale. Alla circuitazione degli spettacoli si affianca una intensa attività di conferenze, laboratori e proposte sperimentali.
    Il suo lavoro è sostenuto dalla Regione Toscana e dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.