Alice Smeets

Presentazione

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  • NOSTALGIA DI FUTURO

    Il futuro è chance e minaccia. Almeno fin quando la costrizione dell’occhio rivolto al passato, sottrae futuro allo sguardo. La consolazione, la giustificazione, la celebrazione: queste le insidie su cui si gioca il rapporto tra quello che siamo e quello che siamo stati, le insidie su cui si gioca il nostro rapporto col tempo. Il passato dovrebbe servire per pensare il futuro – un destino da costruire e non un’incertezza da colmare – e non per compiacere il presente.
    Questa che viviamo è l’era geologica in cui l’uomo sembra essere primo e unico motore di ogni cosa, tranne, forse, che del proprio futuro. Questo che viviamo è un sistema che non sa rilanciarsi, se non nascondendo i segni della sua implosione, progettando crisi essenziali alla sua conservazione. Un tempo in cui le ideologie diventano tradizione, l’utopia e il desiderio restano idee di rivolta. L’Occidente confonde le prospettive, mentre l’Europa edifica fortezze su terreni paludosi. Sembra impossibile in Italia immaginare qualcosa di inimmaginabile.
    Ed eccoci, qui e ora, con una certa e inconsueta NOSTALGIA DI FUTURO. Un ossimoro all’apparenza. A comporlo due termini sempre compresi in un duplice dialogo con due diversi sistemi di riferimento (il reale e il virtuale, la vita e il suo racconto). Eppure, forse, proprio la rappresentazione è uno strumento di scrittura di altre possibilità, di un’altra ipotesi? Possiamo, forse, provare a non stringere troppo il fuoco dello sguardo e a prenderci cura del paesaggio? Un paesaggio che è ora e qui. Che non chieda nulla al futuro, se non di accogliere il prossimo passo.
    Il prossimo passo che comunque faremo. Un’ipotesi.
    Dieci anni fa abbiamo provato ad immaginare come ci sarebbe piaciuto essere oggi. Adesso continuiamo ad immaginare come ci piacerebbe essere, oggi. È un rilancio quello che proviamo a praticare, ospitando un dispiegamento di strumenti e forme con cui sperimentare
    un’immaginazione di futuro.

    Con un pensiero a Chris Burden che con la chance e la minaccia ha sempre giocato, al confine tra arte e vita, appunto, da Shoot del 1971 fino a Metropolis II, opera vertiginosa in cui disegna la vertigine che ci aspetta.

    Fabrizio Arcuri

    SHORT THEATRE 10

    Ci sono tanti modi per guardare, tante posizioni da cui osservare, diverse posture con cui vedere. Chi guarda, nell’atto stesso del guardare, fa. D’altra parte, chi fa, non può non guardare. E l’evento performativo non può non vivere dei due movimenti, che Short Theatre ogni anno ospita, e fa incrociare.
    Short Theatre è un luogo e un tempo in cui si ricompone una comunità di artisti, pubblico e operatori. Una comunità alla ricerca della giusta distanza tra sguardo e creazione. Short Theatre è una lente con cui osservare il paesaggio dello spettacolo dal vivo italiano e internazionale, ma anche un’occasione di dialogo intorno all’attuale condizione della performance, alle sue forme e ai suoi sensi, alle sue prospettive.
    La prima battuta di questo dialogo, quest’anno, è: NOSTALGIA DI FUTURO.
    Spettacoli, incontri e conversazioni, percorsi di formazione e di visione, djset, concerti, installazioni: questi i formati del dialogo che coinvolge l’intera comunità del festival. Impossibile mappare l’intero territorio su cui si innesta questo dialogo, troppo vario, così preziosamente intessuto d’interferenze.
    Emergono delle aree, dei segni, degli snodi, di cui è impossibile trascurare la rilevanza e la viralità: il discorso politico come azione di autogoverno e di intervento pubblico; il racconto sulle identità culturali, artistiche, di genere; lo sconfinamento artistico e sociale; la nuova tradizione della scrittura contemporanea e le emergenze della danza europea; strategie culturali come ispirazione di strategie politiche; la virtuosa ambiguità della posizione del performer e dello spettatore.

    Anche quest’anno Short Theatre ospita una moltitudine di artisti e progetti, moltissimi per la prima volta in Italia, riaffermando l’inclinazione per le scommesse artistiche, continuando a tracciare i contorni di un paesaggio popolato di occasioni e di promesse che Short Theatre tenta ogni anno di raccogliere e mantenere.
    La relazione con il panorama artistico europeo è ancora più solida, grazie al consolidamento di alcuni rapporti e all’inaugurazione di nuovi (con strutture ed istituzioni artistiche e istituti di cultura di diversi paesi), e alla presenza sempre più definitiva di Short Theatre in numerosi network europei, dedicati al sostegno e alla circuitazione di giovani artisti internazionali. Un posizionamento strategico, ma anche, in qualche modo, ideologico – con un pensiero ad una più vera idea di mobilità, di rischio e insieme di costruzione condivisa, di considerazione dei confini come segni da curare, da rigiocare e non da subire.
    Con un pensiero ad un’Europa che ancora non c’è.

    Short Theatre festeggia i suoi dieci anni inaugurando un più intenso percorso dedicato all’immaginazione e alla cura di dispositivi performativi che coinvolgano i cittadini, e non solo gli spettatori. Inizia così un triennio in cui rilanciare una riflessione, condivisa con alcuni artisti ospitati in residenza per tutta la durata del Festival, sulle pratiche di apertura dello spettacolo dal vivo alla comunità che lo circonda. Per incontrare la realtà e immaginare il futuro.