Lo Stato Interiore

Quest’anno volevamo ancora provocare l’immaginario sulla costituzione di comunità inedite, e lanciare un invito a riflettere sullo stato interiore delle cose. Un’ecologia del sé; del sé come Stato Interiore, nell’accezione politica di ‘stato’, in relazione alla nostra condizione individuale di territorio con i suoi valori, i suoi confini e la sua libertà.
Gli strumenti che utilizziamo per capire noi e il mondo che ci circonda sono ancora utili o sono ormai inadeguati? È proprio questa inadeguatezza a raccontare di un mondo che cambia e che provoca la nostra capacità di lettura e intervento. Nuove composizioni sociali, nuove forme di ‘racconto della realtà’, una vertigine di finzione e rappresentazione che fa dei conflitti mondiali e delle storie personali nodi di un processo cognitivo sempre contraddittorio. Spesso abbiamo pensato all’idea di vivere in fasi di transizione, di dover rincorrere modi di cambiamento, eppure già da sempre eccoci in uno stato nuovo, in cui tutto è già transitato, già cambiato. E noi dove siamo?
Del nuovo abbiamo desiderio, ma è il nuovo che ci rende incerti. I cambiamenti vanno riconosciuti per essere assimilati, per permettere loro di potenziare e rinnovare i nostri strumenti di lettura del mondo, gli strumenti con cui disegnare l’architettura del nostro stato interiore e che compongono un personale sistema di misurazione, per guardare al futuro.
Ora si tratta di interrogarsi su come andare oltre, accettare che siamo naturalmente precipitati in un nuovo sistema di relazioni, ed è dentro ciascuno di noi che bisogna cercare di immaginare nuovi strumenti per vivere questo sistema che cambia, considerandoci in prima persona come mediatori di questi cambiamenti. Nuove mappe con cui perimetrare, circoscrivere e articolare le nuove estensioni, le derive e gli addensamenti. Assumersi la responsabilità di andare oltre una cartografia disgregata, e ripartire dalla relazione fra luoghi e comunità; capire come reinventare o ricreare spazi di riflessione per riuscire ad essere adeguati a questi cambiamenti nel necessario tentativo di essere e fare comunità; ridisegnare una mappa interiore in grado di contaminarsi con nuovi territori, e riconoscere che altri sono ormai sommersi dalle acque di una convenzione che non ci interpreta più, una convenzione di società che non coincide con la realtà che viviamo. Ripartiamo dal nostro stato interiore, che è già un noi.

Fabrizio Arcuri

 

 

Ci sono cose che non sappiamo, la cui ricerca non può che essere condivisa. In questa condivisione sta il senso della ricerca, nel fare dello stato personale un’occasione pubblica. Il gesto artistico è anche questo. Si tratta di rendere politica la propria presenza, di riconoscere la naturale e virtuosa confusione tra il mio stare e lo stare degli altri, il mescolarsi temporale e spaziale: fare legami senza legarsi, concatenare senza incatenarsi, stare in condizione di relazione, stratificare, sconfinare, percepire i confini come segni del movimento. Uno stare in se stessi, stando già oltre e altrove. Lo Stato Interiore è la possibilità di questo gesto, di una pratica personale, artistica e culturale, sempre relazionale e contaminata.
Non possiamo che essere se non su una cartografia, che sia stata già prodotta o ancora tutta da disegnare. Ognuno fa la sua mappa, segna il suo percorso, decide di registrare le proprie esperienze segnando le posizioni relative, gli itinerari possibili. Persino le fughe – mappe per andare fuori dalla mappa. Costellazioni stellari e traiettorie marittime, quello che è già mappato e quello che non lo è, il tessuto volatile delle nostre relazioni, del nostro stare. Lo Stato Interiore è la mappa di dove siamo ora, ma anche il punto della mappa che ancora non c’è, la possibilità di tracciare una linea che vogliamo percorrere.
Come ogni anno Short Theatre individua un campo di discorso, fa la sua mappa, cataloga un tema. La maturazione non immediata di questo disegno fa del tema non un’indicazione di contenuto, ma una traccia con cui innescare un dialogo: e Lo Stato Interiore è una domanda, una suggestione che contamina i pensieri e le visioni, l’asse su cui far ruotare la vita del festival, il clima del paesaggio che abitiamo.
Quest’anno il nostro Stato Interiore è Short Theatre; quest’anno Short Theatre si interroga sul suo stato interiore, e lo fa dialogando con la comunità temporanea di artisti, operatori e pubblico, che da dodici anni si ritrova e si riconosce, si avventura e si sorprende, nei luoghi e nei tempi del festival romano.

Short Theatre 12 – Lo Stato Interiore è negli spazi de La Pelanda e del Teatro India dal 7 al 17 settembre 2017.
In questa edizione Short Theatre prosegue la sua missione di indagine del panorama artistico emergente e di accompagnamento di realtà ormai radicate, italiane ed internazionali, e rilancia tendenze di lavoro delle ultime edizioni: la presenza di progetti che si interrogano in modo radicale sul rapporto con lo spettatore; la musica come linea di programmazione fondamentale, tra concerti, progetti radiofonici, clubbing; la cura di progetti residenti che in collaborazione con strutture artistiche di diversa natura abitano il festival per tutta la sua durata; il superamento dei confini europei e quello di una certa idea che siano i confini europei a identificarci.
A comporre la mappa dello Stato Interiore di Short Theatre 2017 ci sono degli individui con la loro ricerca artistica, con i loro pensieri e i loro discorsi, i loro sguardi e i loro percorsi. Ci sono gli spettacoli, le performance, gli incontri, le conversazioni. Ci sono percorsi artistici che stanno emergendo, eccezionalità riconosciute, ci sono linguaggi e forme familiari, e performance ibride che rimettono in gioco i linguaggi e le forme stesse. C’è un processo comune di smarcamento da uno sguardo estetico verso la possibilità di una visione etica del fare spettacolo, andando oltre il gusto delle persone e delle comunità. Soprattutto ci sono le persone che pensano questi linguaggi e che giocano con queste forme.
Da dodici anni Short Theatre, è questo: un luogo e un tempo in cui si ricompone una comunità temporanea di artisti, pubblico, cittadini e operatori. Short Theatre è una lente con cui osservare il paesaggio dello spettacolo dal vivo italiano e internazionale, ma anche un’occasione di dialogo intorno all’attuale condizione della performance, alle sue forme e ai suoi sensi, alle sue prospettive.
Quest’anno è anche Lo Stato Interiore di ognuno e tutte le mappe possibili.