ECOTONI

Nel secondo corpo

di Daisy Hildyard, tradotto da Giulia Crispiani
Il libro della saggista e scrittrice britannica Daisy Hildyard, The Second Body (Fitzcarraldo, 2017), invita a pensare l’essere umano come parte integrante della vita animale, rivelando quanto i confini tra le diverse forme di vita sulla terra siano porosi e dissolventi. L’estratto che segue testimonia tentativi di catturare il proprio secondo corpo.
Le riflessioni di Hildyard hanno ispirato la performance omonima della coreografa Ola Maciejewska, presente a Short Theatre 2024. Si tratta di un duetto coreografico in cui un corpo umano e un blocco di ghiaccio intra-agiscono, mettendo in evidenza la permeabilità e la dipendenza materica che collega i corpi umani a quelli più-che-umani.

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Per riuscire a vedere il tuo secondo corpo, allora, dobbiamo avvicinarci. La foto del sorgere della Terra ti mostra il mondo intero, ma dentro non si vedono le singole vite – solo foschia, gas e emissioni astratte. C’è un senso di orrore che a quanto pare è causato dal fatto che il tuo corpo è una cosa fisica con limiti porosi. Nessuno al mondo può essere completamente isolato dall’atmosfera; l’atmosfera può essere influenzata da ogni corpo vivente. Quindi ogni corpo ha a che fare con qualunque altro essere vivente sulla Terra. Il tuo primo corpo potrebbe digerire un pezzo di pane a Lagos proprio mentre il tuo secondo corpo sta agendo sugli organi interni di un gabbiano a Kamchatka. L’attività di certe specie di alghe nel sud del Pacifico ha determinato la composizione dell’aria che stai respirando ora. Per il secondo corpo, non c’è confine stabile tra una specie e l’altra: siamo tuttɜ sulla stessa barca.

Pensavo di essere in grado di catturare il secondo corpo, intrappolandolo dentro a un corpo vero, considerandolo parte della vita animale. Essere un animale significa essere in possesso di un corpo fisico, un corpo che può mangiare, bere e dormire; significa anche essere integratɜ con un ecosistema locale che si sovrappone con ecosistemi più ampi e distanti. Essere un essere vivente significa esistere in due corpi.
Non è così che ci sente da dentro, comunque. Vivi nel tuo corpo individuale. Sei distinto dagli altri animali. La prima volta che mi sono resa conto di essere seriamente diversa da altri animali è stato un giorno di giugno quando avevo dieci anni, mentre stavo camminando verso casa dal pulmino di scuola e ho notato qualcosa di pallido che sporgeva dalla siepe. Avvicinandomi ho visto un bastone malconcio e peloso. L’ho tirato fuori. Qualcunǝ deve averlo messo lì – era in alto sulla siepe sporgeva come un segnale. Era vecchio e polveroso – quando l’ho tirato fuori dalla siepe tutta quella peluria e quella polvere sono state disturbate, potevo vederlo dalle particelle che si sollevavano nell’aria illuminata dal sole e mi entravano nel naso. L’odore era forte, di carne secca e qualcosa di più acido. Era peloso, completamente setoso da un lato, poi la pelliccia si diradava in peluria, e poi rogna nel mezzo e la fine era un osso puro. Ho percepito del panico. Era il compleanno di mio padre. Avevo tirato fuori la coda della volpe dalla siepe per lui.
Mio padre era a casa, la porta era aperta, la luce del sole cadeva piatta sul tappeto. Non so dove fossero mia madre e mio fratello. Mio padre mi chiese cosa avevo in mano. Ho allungato il braccio lontano dal fianco e la vecchia coda di volpe cadeva ad angolo retto. stretta nel mio pugno si stava scaldando e iniziava a rilasciare il suo odore in maniera ancora più intensa. Ha pervaso il nostro piccolo salotto. È per te, ho detto.

L’ha guardata senza avvicinarsi. Ha detto che non la voleva, e mi ha chiesto dove l’avessi trovata. C’è stato un momento di silenzio, e poi ha chiesto e se fosse fuori dal pub.
Sapevo che piangere sarebbe stato un errore serio e quindi non sono riuscita a dire niente. Mi ricordavo il posto al pub, sul muro con pezzi di ottone su pelle, dove la coda della volpe era stata montata su un pezzo di legno. Mio padre parlava sottovoce. Riportala dove l’hai trovata, ha detto. E poi torna qui. E assicurati di lavarti bene le mani.
Ho corso per tutto il percorso, singhiozzando. Non ero una che piangeva molto e non sapevo perché questo oggetto avesse scatenato una reazione tanto estrema.
Non riuscivo a trovare il punto sulla siepe. Mi sono avvicinata e poi sono tornata indietro a cercare un buco o un rametto spezzato. Sembrava importante rimetterla dove l’avevo trovata ma non riuscivo a trovare nessun segno. L’osso doveva essere stato conficcato direttamente sulla siepe in un modo da non lasciare traccia sui rami circostanti. Nella forma, l’osso stesso sembrava un ramo. Sventolavo la coda come una spada. Ancora più peli lunghi e grigi, che diventavano rossi solo sulla punta, si stavano staccando tra di loro e dall’osso, e ondeggiavano nell’aria in moti elicoidali rotatori così da catturare la luce. La polvere era leggera abbastanza per non essere tirata giù ma andare alla deriva verso l’alto. Era attirata dalla mia bocca aperta e dal mio naso con il mio respiro aspirato, e la assumevo direttamente nel mio corpo, il mio corpo la rifiutava, io starnutivo. Era difficile respirare. Particelle minuscole di volpe erano finite nei miei polmoni.

 

Estratto da The Second Body, Daisy Hildyard. London, Fitzcarraldo Editions, 2017. Copyright © Daisy Hildyard, 2017.

 


Daisy Hildyard è una scrittrice che vive con la sua famiglia nel North Yorkshire, dove è nata. Il suo primo romanzo Hunters in the Snow ha ricevuto il Somerset Maugham Award e l’onorario “5 under 32” del USA National Book Award. Il suo saggio The Second Body è stato pubblicato da Fitzcarraldo Editions nel 2017.


ECOTONI è la sezione di CUT/ANALOGUE che apre agli immaginari provenienti da altri mondi concettuali, discorsivi, materiali, in “forma di estratto”. Funge da transizione tra ecosistemi adiacenti suggerendo spostamenti graduali, nella tensione oscillatoria dell’in-tra.

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