ECOTONI

Le cose vibrano di vita propria?

Antonia Anna Ferrante

La materia ha una sua agency, una sua intenzionalità vivente, indipendente dall’appropriazione umana?

Il compost non è un oggetto, tantomeno pre-esiste alla relazione, è fatto di materia vibrante e manifesta un grado elevato di vitalità. Mi soffermo sulla definizione che ne dà Jane Bennett, caricandosi ed emancipandosi dalla storia filosofica del vitalismo, per descrivere la capacità di tutte le cose – quelle da mangiare, tanto quanto le tempeste, i metalli, il tangibile consumabile e l’effimero degli affetti – non solo di impedire e bloccare i progetti umani, ma di agire come forze con proprie traiettorie, propensioni, tendenze. Desideri da svolgere. Il compost, materia vibrante, ha uno specifico grado di vitalità che si esprime proprio attraverso una specifica capacità rigenerativa. È proprio la potenzialità della rigenerazione a permetterci di guardare lo scarto di cose che si accumula non come a discariche di materia inerte, mere sostanze dannose. E forse il primo cambio di prospettiva è proprio quello di iniziare a interrogare lo sguardo che distingue lo scarto dalla materia, perché in contesti diversi il medesimo scarto può avere tutt’altro valore.
Bennett rifiuta l’opposizione tra materialismo storico e quello dei corpi e sviluppa la materia mostrando come possa esser parte di una riflessione tanto più politica e sociale in quanto non include solo ciò che è nel dominio dell’umano: una sfida vera e propria alla hybris umana di considerarsi responsabile di tutto ciò che la circonda. La materia vibrante, invece, convoca a una politica più sensibile, dove la sensibilità è una forma di intelligenza capace di comunicare in questa vibrazione, capace di rompere i confini identitari di un “noi” caricato del fardello di salvare “essi”, il pianeta, gli animali, gli altri inerti e passivi. Tutt’altro che un invito all’incuranza, ma una radicale inversione di paradigma che si interroga su come cambierebbero le risposte pubbliche se si assumesse seriamente la vitalità dei corpi-anche-non-umani.

Jane Bennett, Vibrant Matter: A Political Ecology of Things, Duke University Press, Durham 2010.


Estratto da Antonia Anna Ferrante, Cosa può un compost. Fare con le ecologie femministe e queer, Luca Sossella Editore, Bologna 2022, pp. 30-35.

Antonia Anna Ferrante è attivista e studiosa terrona e queer, membro della Technoculture Research Unit. Presso lo Spiral Research Centre (Università di Liegi, Belgio) lavora con epistemologie femministe, queer, postcoloniali, studi critici sugli animali e altri immaginari. Come postdoc all’Università IUAV di Venezia, ha sviluppato un progetto sul compostaggio teorico e tecnologico di pratiche e teorie queer, performative e di ecologia politica. È anche traduttrice di Cruising Utopia di José Esteban Muñoz e ha co-curato l’edizione italiana di Making Kin Not Population di Adele Clarke e Donna Haraway. È inoltre autrice di Pelle Queer Maschere Straight. Il regime di visibilità omonormativo oltre la televisione (Mimesis, 2019) e co-curatrice di Femminismi Futuri. Teorie Poetiche Fabulazioni (Iacobelli, 2019) e Trame. Pratiche e saperi per un’ecologia politica situata (Tamu, 2021).


Antonia Anna Ferrante presenta il suo libro Cosa può un compost. Fare con le ecologie femministe e queer in dialogo con Ilenia Caleo a Short Theatre 2022 il 15 settembre a WEGIL.


ECOTONI è la sezione di CUT/ANALOGUE che apre agli immaginari provenienti da altri mondi concettuali, discorsivi, materiali, in “forma di estratto”. Funge da transizione tra ecosistemi adiacenti suggerendo spostamenti graduali, nella tensione oscillatoria dell’in-tra.

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