COMBIN/AZIONI

Antiabitudine e alleanze urbane

Beatrice Del Core in conversazione con Daria Greco

Beatrice Del Core Cominciando dalla tua pratica coreografica, il lavoro Crangon Crangon, che debutta a Short Theatre 2022, nasce da una ricerca sull’antiabitudine. Cosa implica l’abitare lo spazio con posture corporee e gestualità che non corrispondono e assecondano l’orizzonte della norma?

Daria Greco Quello che chiamo “antiabitudine” nella mia pratica è tutto ciò che si riferisce a un mondo inaspettato, di tanto in tanto immaginifico, e che parte da uno spostamento, un cambio di prospettiva, e si spinge talvolta fino al totale capovolgimento. Il perseverare nell’antiabitudine spoglia il corpo dagli atteggiamenti, dalle inevitabili costruzioni comportamentali, e la consuetudine frana e dà spazio alla verità. Così, l’antiabitudine è uno svelamento, un pezzo di realtà che affiora. In Crangon Crangon il naturale moto in avanti viene sovvertito e si assiste alla costruzione di un nuovo procedere che esplora lo “spazio dietro”. La colonna vertebrale dell’unica performer in scena, Valentina Sansone, parla di futuro mentre avanza a ritroso. I suoi occhi alternano la messa a fuoco e la perdita di esso mentre si allontanano dalle immagini in un incessante zoom out del mondo esterno.

BDC Crangon Crangon è la definizione scientifica di carapace comune della famiglia dei crangonidi, uno dei più diffusi al mondo, dal guscio grigiastro e semitrasparente. Cosa convoca questo riferimento? La dimensione animale investe certamente la scelta del costume, che si configura come un esoscheletro: qual è il processo creativo che sottende la sua ideazione? In che modo informa la dimensione coreografica?

DG Il titolo del lavoro è un pretesto, non troppo rintracciabile, per alludere alla figura del gambero che nell’immaginario comune è notoriamente l’animale che cammina all’indietro. Appurato il fatto che si tratta di una leggenda e che il gambero, come gli altri animali, indietreggia solo nel momento del pericolo, ho deciso di rimanere sulla figura dell’esoscheletro perché, fin dal primo momento, mi ha permesso uno slittamento di senso e mi ha suggerito più letture. In seguito, la scelta di come affrontare l’estetica del lavoro è venuta da sé: insieme al costumista Vittorio Gargiuolo abbiamo ideato un abito che richiamasse la struttura esoscheletrica dei crostacei e che lasciasse come punto saldo dell’intelaiatura la configurazione della colonna vertebrale umana, sia sul dietro che sul davanti del costume. Si tratta di una scultura in pelle ricavata interamente con materiali di scarto e di riciclo. In dialogo con l’idea del lavoro, il tessuto è rovesciato, cucito al contrario, per cui appare visibile il suo retro. A partire dal costume per arrivare all’acconciatura, l’estetica della performer strizza l’occhio alla figura umanoide, e in questo senso l’andare indietro suggerisce un immaginario futuro.

Dettaglio del costume per Crangon Crangon

BDC Da anni sostieni e collabori con SCuP, centro polifunzionale autogestito in zona Stazione Tuscolana di Roma, una delle realtà che ha animato gli appuntamenti di Disco Diffuso. In questo momento è sotto sgombero, dovrete abbandonare gli spazi di questo importante presidio territoriale. Che ruolo ha ricoperto SCuP nel tuo processo artistico e nella possibilità di creare instaurare alleanze urbane?

DG Ognun_ sceglie come stare al mondo e come abitare e attraversare gli spazi. Per me SCuP è casa dal 2017. Ci sono arrivata perché avevo bisogno di uno spazio per dare vita ad un progetto ideato con altre due ragazze. SCuP ci ha accolte immediatamente. Da lì è stato tutto molto veloce: ho iniziato a tenere le mie classi di danza e a diffondere la voce fra le colleghe e i colleghi, e finalmente abbiamo potuto usufruire di uno spazio per le nostre prove, i nostri allenamenti, i nostri incontri e il tutto a un prezzo popolare. Il mio telefono e quello di Roberto, poi di Alessia e ora di Egilda, ha iniziato a squillare ogni giorno e SCuP è diventato in pochissimo tempo il luogo di riferimento dove danzatrici e danzatori, attrici e attori, circensi, cantanti, performer, musicist_ basati a Roma o di passaggio, avrebbero potuto lavorare.
C’è da dire che SCuP non è un miracolo venuto dal cielo, è il frutto del lavoro e della passione di diverse persone che dal 2012 se ne occupano e che stanno dietro non solo all’organizzazione, alla programmazione, alla comunicazione, alla pulizia dello spazio (che è enorme), ma gestiscono tutta la questione politica che, ahimè, ci vede davanti a un nuovo, imminente sgombero. Non avere più SCuP sarebbe una perdita non solo per le realtà artistiche, ma per l’intera comunità. Si tratta di una esperienza che racconta le profonde interconnessioni fra le persone nel suo svolgere funzioni di utilità pubblica, nel suo essere traduzione in spazio delle necessità, dei bisogni e dei desideri che condividono sguardi e modi d’interpretazione del reale.
Se si fa una passeggiata a SCuP e si attraversano i tre grandi capannoni e lo spazio all’aperto, ci si può rendere immediatamente conto di quanto impiego di energie e di pensiero c’è stato dietro a ogni cosa. Tutto ciò che è presente è il risultato di un’intenzione collettiva, dal basso, che consegna alla città un luogo pronto ad accogliere persone di tutte le età e a restituire cultura, sport, arte e svago.
Dal canto nostro possiamo certamente affermare che non vogliamo fermarci davanti a uno sgombero, nonostante non sia il primo. Per questo abbiamo indetto la campagna #Scupsimuove per sensibilizzare l’opinione pubblica su quanto sia importante per noi avere una casa, considerato il numero cospicuo di edifici abbandonati nella città di Roma.

BDC Proseguendo sullo stesso filo, che ruolo ricopre il progetto SìR — che pure è entrato nel concatenamento di Disco Diffuso — per le persone interessate alla danza? In che modo la coreografia e la danza contemporanea trovano uno spazio all’interno della realtà di Roma?

DG Roma è povera di spazi per la danza contemporanea. Le colleghe e i colleghi di altre città spesso domandano “ma voi a Roma dove state, dove v’incontrate?” e, come appena raccontato, la risposta è SCuP. Ma, in effetti, SCuP supplisce alla mancanza degli spazi come può, non è pensato come luogo per la danza contemporanea. Nonostante questo, i danzatori e le danzatrici basate a Roma ne hanno fatto casa negli ultimi quattro anni e un gruppo di nove persone fra quest_ ha fondato SìR_SharingInRoma, che è uno spazio di messa in rete e di condivisione delle pratiche di ricerca e di allenamento nell’ambito della danza contemporanea rivolto ai/alle performer nella capitale, totalmente autogestito e autofinanziato. SìR si prefigge di favorire l’incontro fra i danzatori e le danzatrici, di alimentare la condivisione dei processi di ricerca e lo scambio orizzontale fra chi propone e chi restituisce, di costruire e nutrire una connessione con gli altri sharing d’Italia e permettere il dialogo con una porzione più ampia di addett_ ai lavori. Ad oggi SìR è in relazione con più organismi che si occupano di arti performative a Roma, fra cui Short Theatre. Questo ci consente di sentirci meno sol_.

foto di copertina Vittorio Antonacci


Daria Greco porta a Short Theatre 2022 il suo nuovo lavoro, Crangon Crangon, in debutto il 7 settembre in due repliche.


COMBIN/AZIONI è la sezione di CUT/ANALOGUE delle conversazioni, spazio per un materiale che si attiva in una reciproca implicazione. Campo di possibilità discorsive che si generano come mescolanze dinamiche tra soggetti, situate in un tempo, contingenti.

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