COMBIN/AZIONI

Collezionare resti vocali

Livia Torchio in conversazione con Élise Simonet su Encyclopédie de la parole

Livia Torchio Una prima domanda sulle ragioni del vostro progetto. Cosa vi ha spinto a registrare, collezionare e classificare voci e discorsi? La curiosità nei confronti dell’oralità? Oppure il desiderio di preservare qualcosa che altrimenti sarebbe andato perduto, mantenendolo in vita?

Élise Simonet Ti rispondo dandoti alcuni elementi storici, anche se al momento della fondazione del collettivo io non ero presente. All’epoca [2007], l’Encyclopédie de la parole non era altro che un gruppo di persone — artiste e artisti, ricercatori e ricercatrici, poeti e poete — che condividevano un’amicizia e un interesse per l’oralità e che, dopo essersi rese conto di avere nei propri computer e cellulari ciascun_ una piccola collezione di registrazioni (per esempio, lezioni di Gilles Deleuze al Collège de France, cronache sportive o poesie sonore) hanno pensato: «Sarebbe divertente mettere insieme tutte queste registrazioni e creare relazioni tra di esse in base alla loro forma piuttosto che al loro significato, quindi al loro contenuto. Costruire alleanze formali intorno a un fenomeno orale specifico». Sul sito dell’Encyclopédie de la parole sono chiamate entrées, e sono l’alternanza, la melodia, l’indicizzazione, la focalizzazione, la proiezione.
Non abbiamo mai avuto il desiderio di preservare qualcosa: la collezione non è nata per salvare un patrimonio vivo, per impedire che le cose sparissero. È un processo formale, quasi scientifico, anche se sicuramente dotato di un approccio artistico, che mira a creare relazioni tra parole che normalmente non si incontrerebbero, poiché contesto, origine e contenuto non hanno nulla in comune. Ma che, a livello di fenomeno orale, ovvero di ciò che si può ascoltare dal punto di vista sonoro, sarebbe stato divertente mettere in relazione.
Abbiamo iniziato con registrazioni in francese, poi in inglese e ora abbiamo molte lingue, il che ci dà la possibilità di creare numerosi collegamenti e di identificare, ad esempio, le parole tipiche che i venditori usano al mercato, il modo in cui chiamano i clienti. Che sia in cinese, in francese o in portoghese, è possibile rendersi conto che ci sono aspetti in comune dal punto di vista acustico. Oppure, se si ascolta una cronaca sportiva, che sia in italiano, in giapponese o in russo, sebbene non si conosca l’idioma, si è in grado di riconoscere di cosa si tratta, perché ha un ritmo preciso, con specifiche accelerazioni, pause, concitazioni: gli stessi elementi che si ritrovano nel giornalismo globalizzato negli anni recenti.

LT Mi interesserebbe sapere in che modo scegliete cosa registrare tra tutto ciò che ascoltate quotidianamente. Ovvero, come “trovate gli oggetti” per utilizzare il concetto di object trouvé(1).

ES Scegliamo registrazioni da contesti molto diversi, interrogandoci sulla loro forma. Vado a comprare il pane dal mio panettiere e, all’improvviso, mi rendo conto che, nel suo modo di parlare, passa da toni alti a toni bassi o punteggia il suo discorso così. È proprio la forma della parola a guidare il nostro orecchio ed è da quel momento che iniziamo a registrare. Poi, devi sapere — come scriviamo sul nostro sito web — che troviamo questi documenti (così chiamiamo gli estratti delle registrazioni) al 70/75% su Internet o attraverso altri media. Li troviamo ascoltando la radio o i contenuti che la gente pubblica su YouTube. Poi ci sono cose che registriamo noi stessi per strada ma, per motivi puramente pratici, ad esempio non è immediato prendere il telefono e registrare, ne abbiamo un po’ meno.
È buffo, in Francia il Service des Objects Trouvés(2) è un centro, un’istituzione ben organizzata, dove le persone portano un oggetto trovato. Per esempio, se si trova un ombrello o un portafogli in metropolitana o per strada, lo si porta all’Ufficio Oggetti Smarriti. E la persona che porta l’oggetto trovato è chiamata “inventore”. È molta bella la terminologia: se trovi un oggetto e lo porti lì, sei l’inventore di questo oggetto. Quindi, potremmo anche dire che noi dell’Encyclopédie de la parole siamo un gruppo di inventor_: quando troviamo dei documenti che all’improvviso ascoltiamo in modo differente, cioè meno in relazione al contenuto (a ciò che viene detto) che alla forma (a come viene detto), diventiamo inventor_ di queste parole.

LT Il dispositivo che utilizzate maggiormente per presentare i vostri montaggi sonori è il teatro. Da un lato, vorrei sapere perché avete scelto specificatamente il teatro, piuttosto che altri contesti dal vivo, per ripresentare i resti vocali collezionati; dall’altro, quali sono i criteri compositivi che guidano la creazione delle vostre performance e se i Maîtres du montage(3) del XX secolo sono per voi un riferimento.

ES L’Encyclopédie de la parole ha iniziato a sviluppare progetti di performance in formato teatrale perché l’iniziatore del progetto, Joris Lacoste, è un regista teatrale: il teatro è il suo strumento di lavoro. Oltre a ciò, un altro membro molto importante del progetto è Pierre-Yves Macé, compositore di musica contemporanea che utilizza i documenti sonori per realizzare brani musicali. È la combinazione del lavoro e della ricerca di Joris e Pierre-Yves che, negli ultimi anni, ha dato vita ai brani che abbiamo creato e portato in tutto il mondo.
Parlando ad esempio delle Suites, il nostro ciclo di brani corali, i criteri compositivi sono estremamente precisi, e vanno oltre il principale — la forma in relazione al fenomeno della parola — essendovi anche scelte tematiche. Nella Suite n° 1, i temi sono l’apprendimento e la parola in generale: cosa vuol dire parlare, cosa vuol dire imparare a parlare. Potremmo trovare il balbettio di un bambino come una lezione di lingua. Nella Suite n° 2, l’asse della raccolta è il “discorso performativo”, nella concettualizzazione di John Austin, quindi gli atti che vengono prodotti insieme alla formulazione di un enunciato. Con Suite n° 3 volevamo fare un pezzo sull’Europa, e abbiamo raccolto un documento in ciascuna delle lingue europee ponendoci, insieme ai collezionisti, la domanda: «Quali sono le cose che non vuoi sentire nel tuo Paese?».
Abbiamo raccolto espressioni proprie del discorso omofobico, razzista e sessista così come banalità degli youtuber: argomenti politicamente difficili. Nella Suite n° 4 c’è una maggiore astrazione ma è possibile individuare, come asse compositivo, l’idea di “fantasma”: vi sono storie registrate di persone appartenenti a una temporalità che non è più la nostra.

Suite n°1 “ABC”. ph. Patricia Almeida

LT Nell’ambito del collezionismo, il vostro progetto artistico rappresenta un’eccezione: in primo luogo, poiché è il risultato di un lavoro collettivo; in secondo luogo, perché si tratta di una collezione pubblica: le tracce vocali sono prive di proprietario e a disposizione di tutt_; in terzo luogo, perché, pur essendo un progetto artistico, i materiali che raccogliete non sono soltanto di natura artistica. C’è un pensiero politico dietro queste scelte?

ES Sulla base dei tre punti che sollevi, il progetto ha decisamente un approccio politico ed etico, aspetto per noi molto importante. Una collezione così vasta non può che essere il risultato di un lavoro collettivo, che non è fatto solo dai membri dell’Encyclopédie de la parole ma è anche, in modo più ampio, il risultato di una collaborazione estremamente generosa di collezionisti di tutto il mondo — le persone con cui, ad ogni progetto, siamo stati in contatto e che hanno trovato documenti in lingua straniera che noi non avremmo mai potuto trovare. C’è poi la dimensione della raccolta pubblica, libera da diritti, che per noi è molto importante. Ovviamente, se qualcuno si riconosce in una registrazione e non vuole far parte della raccolta, può scriverci e noi la rimuoviamo. A parte questo, sì, questo lavoro è a disposizione di tutt_. E a volte siamo sorpresi di sentire i feedback di ricercatori, professori universitari, studenti e artist_ che ci dicono di usare spesso il nostro sito. Tanto meglio! È il miglior feedback che possiamo ricevere.
E c’è di più, dal momento che trasformiamo questi materiali in oggetti artistici. In Jukebox, il progetto che dirigo artisticamente, soprattutto quando lo suoniamo all’estero vi è la particolare volontà di offrirsi come specchio per i cittadini del luogo. Questo mi entusiasma molto, perché mi permette di sentirmi non tanto come autore assoluto quanto come collaboratore in un processo globale, in una città e in una lingua che non conosco. Mi ritengo fortunata di aver potuto mettere in scena Jukebox a Roma: io, che non parlo italiano, mi sono immersa in questa lingua e ho collaborato, nel modo più orizzontale possibile, con l’équipe artistica del luogo e con i collezionisti locali per realizzare un’opera in cui gli spettatori possono riconoscervisi. «Parla come me, parla di me». È questa generosità che mi piace e che mi spinge.

(1) Cfr. D. Waldman, Collage, Assemblage and the Found Object, London, Phaidon 1992.
(2) https://www.prefecturedepolice.interieur.gouv.fr/demarches/le-service-des-objets-trouves (ultimo accesso 8 agosto 2022)
(3) Cfr. in particolare A. Somaini, Ejzenštejn. Il cinema, le arti, il montaggio, Torino, Einaudi 2011


L’intervista è avvenuta in data 6 marzo 2022 e tradotta dal francese dall’autrice. È parte del suo progetto di tesi Collezionare resti dell’effimero. Tra Performance Studies e Materialismo Storico (2022), Università Iuav di Venezia.

Livia Torchio è una ricercatrice formata in Filosofia (Università degli Studi di Milano e Université Paris IV-Sorbonne) e Arti performative (Università Iuav di Venezia), che nutre interessi negli ambiti dell’Estetica contemporanea, della Filosofia dell’arte e dei Performance Studies. Il suo ultimo progetto di ricerca esamina il fenomeno del collezionismo di arti dal vivo: una pratica emersa negli anni Duemila analizzata dalla studiosa da una prospettiva teoretica in stretta relazione con realtà internazionali del panorama artistico contemporaneo che di essa sono espressione, ad esempio Tate Modern di Londra e Something Great di Berlino (https://somethinggreat.de/Something-Great-Collection)

immagine di copertina Suite n .1 ABC. ph. di Ctibor Bachratý


Encyclopédie de la parole, con Élise Simonet e Joris Lacoste, porta a Short Theatre 2022 una nuova versione del suo lavoro, Jukebox ‘Roma’ ed. 2022, il 12, il 17 e il 18 settembre.


COMBIN/AZIONI è la sezione di CUT/ANALOGUE delle conversazioni, spazio per un materiale che si attiva in una reciproca implicazione. Campo di possibilità discorsive che si generano come mescolanze dinamiche tra soggetti, situate in un tempo, contingenti.

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