Note su 6/6 di Orsola Valenti riscrittura filmica dei soli di Cindy Van Acker
di Enrico Pitozzi
Lo stesso principio che regola l’organizzazione della scena mette in gioco, inoltre, la ricezione dello/a spettatore e spettatrice, sia nella sua “presenza” fisica, che di fronte alle magistrali opere video realizzate da Orsola Valenti, che con l’occhio esterno della telecamera filtra e restituisce in immagine la stessa tensione emotiva dei corpi in scena, immergendo però lo spettatore in nuove atmosfere, producendo così inedite percezioni. In altri termini, l’opera videografica realizzata dalla cineasta svizzera costituisce così un’occasione unica, da un lato per comprendere appieno la grammatica compositiva di Cindy Van Acker, immergendosi negli ambienti sonori e cromatici dei sei solo della coreografa, mentre dall’altro costituisce uno strumento efficace per conoscere e apprezzare la delicatezza dello sguardo autoriale di Orsola Valenti, che non si limita a riprendere i lavori in palcoscenico, ma opera una vera e propria riscrittura cinematografica dei solo creati per il palcoscenico, trasportandoli in luoghi all’aperto, ridefinendo così la relazione tra corpo e spazio, corpo e ambiente, corpo e materia.
Seguendo la direzione introdotta da queste brevi riflessioni, è forse utile spendere qualche parola sulla “qualità endoscopica” dell’occhio di Orsola Valenti rispetto al linguaggio compositivo di Cindy Van Acker. Nella sua opera video, la cineasta sembra spingere alle estreme conseguenze i principi di micromovimento, sospensione e astrazione adottati dalla coreografa, restituendo una visione dei corpi che tende alla “defigurazione”, logica in cui i corpi sono colti nella loro frammentazione—dunque nella loro astrazione—lasciando così emergere la tendenza compositiva che partecipa della divisione dei singoli organi rispetto all’unità del corpo.
Nel linguaggio della coreografa svizzera, possiamo definire questa una logica degli organi senza corpo, OsC, in cui un solo organo è oggetto d’attenzione. Tale nozione rimanda ad una visione del corpo in cui ci sono le parti ma non c’è l’intero, ci sono gli organi, ma non c’è il corpo. Si tratta qui di rimarcare un aspetto non secondario, perché inscrive nel pensiero e nella scrittura del gesto coreografico (e di conseguenza nella sua resa videografica) una dimensione politica—una vera e propria resistenza—, che sfugge programmaticamente ai processi di normalizzazione che tendono a investire il corpo. In una regola data e definitiva a favore di un corpo mutante, in divenire, metamorfico anche nella sua resa in immagine. Ed è qui che emerge in tutta la sua limpidezza e forza l’opera di Orsola Valenti, nel penetrare il linguaggio coreografico e convertirlo in un’analoga logica dell’immagine, in cui il ritmo della composizione corografico diviene matrice dalla quale elaborare un tempo autonomo dell’immagine e, di conseguenza, del montaggio, di durata variabile, passando dalla forma haiku—i sei minuti di una di queste opere—alla struttura più articolata del corto coreografico.
È così che assistere in “presenza” alle opere in palcoscenico e poi alla loro restituzione in immagine video, produce in chi guarda un leggero sfasamento, come una dolce vertigine, un senso di stupore per ciò che ogni gesto sa evocare, profilando così nella nostra mente di spettatrici e spettatori la traccia leggera ed effimera di una continuità che porta dal palcoscenico della mente della coreografa e dei danzatori che di volta in volta interpretano le partiture, a un altro palcoscenico, quello dell’immaginazione dello spettatore, passando per la sensazione materica che in noi lasciano le immagini indelebili e leggere di Orsola Valenti.
immagine di copertina 6/6 Orsola Valenti
Enrico Pitozzi è docente presso l’Università di Bologna. Ha insegnato nelle università di Venezia (IUAV) e Padova ed è stato visiting professor presso le università di Parigi, Montréal, Valencia e Francoforte. È stato senior researcher del progetto ERC Starting Grant project «INCOMMON. In praise of community. Shared creativity in arts and politics in Italy (1959-1979)» diretto da Annalisa Sacchi. È vicedirettore del centro internazionale di vocalità «Malagola» fondato a Ravenna da Ermanna Montanari.
Nella sezione ECOTONI è possibile leggere un’estratto di Enrico Pitozzi dal suo volume, Magnetica. La composizione coreografica di Cindy Van Acker, Quodlibet, Macerata 2015
6/6 di Orsola Valenti è ospitato nell’Atelier della Pelanda del Mattatoio, dal 7 all’11 settembre.
VIANDANZE è la sezione di CUT/ANALOGUE delle scritture in interdipendenza dinamica con le pratiche artistiche e le opere presenti al festival (e altrove). Propone una forma di prossimità somatica tra chi osserva e chi è osservato per far balenare pensieri sul sensibile che avviene in scena.