VIANDANZE

Misticismo della carne

Appunti, visioni, voci attraverso il lavoro di Ligia Lewis
di Giulia Crisci
PRISMA di Short Theatre è un progetto espanso che offre alla città l’attraversamento dell’opera transdisciplinare di un’artista internazionale. Quest’anno è dedicato a Ligia Lewis, coreografa, performer e artista visiva, il cui lavoro si configura come uno spazio denso di elaborazione di pensiero e risposta incarnata alle teorie black e femministe.
Note, appunti, estratti di conversazioni recenti (1) e letture critiche sul lavoro di Ligia Lewis, sono raccolte in questo contributo pensato come un avvicinamento alle questioni centrali del suo agire artistico, alle fonti della ricerca, nominando alcune delle intenzioni ricorrenti nelle sue creazioni.

Durante una conferenza al Stedelijk Museum di Amsterdam, nel marzo 2018 (2), Ligia Lewis legge un estratto di Fred Moten per introdurre il suo lavoro Still Not Still e afferma: “Ho scelto la scatola nera come lo spazio dove porre queste domande”.

“Da una posizione artificiale, ufficialmente assunta, il nero è il nulla, cioè il parente prossimo dell’assurdo, il soggetto patologico e il suo compagno (…)
(…) Cosa significa essere nulla? cosa significa valere qualcosa? Cosa significa nerezza? Qual è la relazione tra nerezza, valore, nullità e le operazioni (de/ri)generative di ciò che Deleuze chiamerebbe vita in comune? Verso dove andiamo, con quali mezzi cominciamo a indagare la nerezza? Può esistere una sociologia estetica o una poetica sociale della nullità? Possiamo attuare un’analisi anatomica della cosa o produrre una teoria della macchina universale? Il nostro obiettivo, anche di fronte alle difficoltà brutalmente imposte alla vita nera, è da celebrare. Questo non perché la celebrazione ci dovrebbe o ci faccia di fatto stare meglio, anche se non ci sarebbe nulla di sbagliato in questo. Quanto piuttosto perché questo moto verso la celebrazione si rivela essere la condizione di possibilità del pensiero nero, che anima le azioni nere di ribaltamento assoluto, per la rivolta assoluta di questo bordello.
La celebrazione è l’essenza del pensiero nero, la vitalità dele azioni nere, che sono, inanzitutto, i nostri undercommons, il sotterraneo, la nostra socialità sottomarina”.

Fred Moten, Blackness and Nothingness (Mysticism in the Flesh), in “South Atlantic Quarterly”, Autunno 2013, p. 742

 

∴ IBRIDITÀ ∴
Nella pratica di Ligia Lewis, l’ibridità è una tattica di resistenza allo sguardo dominante e, allo stesso tempo, di immersione nella complessità e nell’oscurità più profonda. Le forme dei corpi si ibridano alle immagini della sua ricerca visiva, e più logiche coabitano sul palco. L’assemblaggio dei corpi si plasma alla logica del suono per immagini sonore, la logica senziente delle luci si articola alla ricerca dell’esperienza estetica dell’opacità.

“Dalle mie origini caraibiche prendo una tensione all’ibridità, da lì elaboro nuove forme di mescolanza. Quando ti confronti con la complessità, attraversando questioni critiche sul corpo, l’ibridità sembra l’unica via. Permette di evitare narrazioni essenzializzate. Noi siamo tanto il prodotto di ciò che pretendiamo di essere quanto l’esito di ciò che il mondo sovra-determina per noi.
Penso la composizione come una pratica di scrittura scenica capace di fare fuori le retoriche che plasmano i corpi. Il mio lavoro è un tentativo di lanciare il pensiero nell’azione, senza fornire risposte agli errori storici del passato e che continuano a riverberare nel presente. Lotto con concetti espressivi e da qui costruisco le mie opere”.

∴ ESTETICA FUGGITIVA ∴
Come agisce un’estetica che vuole sfuggire alla cattura, sottrarsi alle maglie del consenso, per cercare altre possibilità dello sguardo? Ligia anima la materialità del teatro, poggia il peso dei corpi sulle dinamiche di potere tra chi guarda e chi è guardato, opera per svelare la violenza nel teatro, per fare della scena uno spazio abitabile.

“Spesso i miei lavori prendono forma nel contesto teatrale: l’apparato teatrale è il luogo in cui diverse modalità performative possono opporre resistenza a una rappresentazione statica ‘del corpo nero’, cercando di decostruirne i modelli rappresentativi”.

“Come posso costruire una coreografia fuggitiva, sempre sul punto di sfuggire a sé stessa, per poi tornare a riaffermarsi, e scivolare via di nuovo?”

“La commedia è il rovescio della tragedia. La commedia suggerisce i limiti della rappresentabilità delle cose attraverso una sorta di abbassamento linguistico. Ciò che risulta altrimenti profondo o insostenibile attraverso il comico diventa schietto e diretto. L’umorismo è lì a svelare l’impossibilità di una traduzione e di una comprensione completa, anche quando si annida nel cuore della sua controparte e compagna, la tragedia”.

“Cerco di costruire strati su strati al fine di sfuggire alla cattura della conoscenza. Produrre qualcosa che vada oltre il significato è ciò a cui sono sinceramente più interessata. Quando dico sinceramente, intendo che sono interessata a ciò che emerge dal non-senso, non come una fuga, ma come un’altra possibilità, fuori della ragione. Quello che il teatro mi permette di fare è sognare, ma i miei sogni stringono a sé anche l’incubo di ciò che chiamiamo realtà”.

Il trionfo della morte, Pieter Bruegel il Vecchio
∴ ANTAGONISMI ∴
L’esperienza che Lewis cerca di produrre attraverso i suoi lavori non è mai compiacente, moralizzante. Lontana dalla riparazione, punta piuttosto a mostrare la ferita ancora sanguinante. Fa leva sulla mancanza, sul corpo non previsto, sui corpi che si riappropriano della loro singolare esistenza. Lo sforzo è teso a trasformare la spettatorialità in atto politico di testimonianza.

“Mi piace creare una relazione scivolosa e instabile tra pubblico e performer”.

“Riconoscere che la mia presenza disturba una certa mitologia mi offre uno spazio da occupare e da cui partire. Considero il teatro come un luogo distintamente non neutrale, ecco perché il mio lavoro è saturato dal colore, dai paesaggi sonori e dal movimento; trovo un margine di possibilità nei suoi spazi di frizione”.

“Fin dai primi tempi, durante il mio periodo in Germania, mi sono state molto chiare alcune mancanze fondamentali. In Europa il pericolo di una logica universalizzata, di un’Europa portatrice e creatrice del gusto, luogo per l’estetica, è ovunque. Per non parlare della completa esclusione della comunità afro-tedesca, delle persone nere e di colore sparse per tutta Europa. Questa geografia è produttrice di un’enorme violenza storica e, ad un tempo, spazio di interessanti estetiche impegnate. Il pericolo risiede nel cancellare le storie che potrebbero aiutarci ad avanzare eticamente attraverso queste estetiche”.

∴ PENSIERO CRITICO NERO ∴
Una componente chiave della scrittura coreografica di Ligia Lewis si fonda su un dichiarato antagonismo alle logiche dello sguardo bianco da un posizionamento critico black. La nerezza in scena, come condizione incarnata, permette di smascherare i filtri della visione, rivela le oppressioni contemporanee, mostra le ingiustizie sociali di cui certi corpi portano i segni. La sua è una ricercata poetica dell’opacità, che per decostruire i paradigmi imposti dalla bianchezza procede salvaguardando l’irriducibilità del senso, affinché non tutto sia trasparente, immediatamente comprensibile, quindi catturabile.

“Lavoro attraverso il pensiero critico black contro il mondo costruito a immagine delle persone bianche. Cerco sempre di smantellare idee preconcette sulla razza perché penso che sia doveroso andare in profondità. E la domanda più profonda è: cosa significa essere umani? Chi rientra in questa definizione e chi ne resta escluso?
La rappresentazione, il semplice atto di affermare qualcosa sulla scena, non ci salva perché il mondo, come lo conosciamo, è costruito attraverso una gerarchia razziale. La mia opera Still Not Still cerca di decostruire questo orizzonte, persegue una poetica del non-senso e dell’oscurità per sondare quell’abisso oscuro ”.

∴ LO SCANDALO DELLA CARNE ∴
Lewis si muove sulla soglia epidemica tra corpo, carne, membra inerti, cadavere. I recenti lavori Still Not Still (2020) e deader than dead (2021) emergono dal buio in cui le soggettività nere sono state relegate. L’oscurità diventa spazio critico d’immaginazione. La Storia si manifesta per frammenti, resti, vista dalla parte di quelli che sono stati trattati come scarti umani.
Lewis indaga l’universo sonoro delle lamentazioni funebri insieme a quello visivo dei trionfi di morte e delle danze macabre per criticare la morale medievale dell’eguaglianza al momento della morte. Il suo è un modo per rimettere in questione la mortificazione di alcune vite ancora brutalmente considerate meno-che-umane.

“Perseguo la fantasia di creare un’opera in cui il mio corpo possa trovare riposo, lontano dallo spossante lavoro di spiegazione o traduzione. Il mio corpo porta inevitabilmente con sé una storia di abiezione e violenza. Può il mio contro-contesto, un contesto nero, suggerire che lo scandalo è proprio qui? Riconoscerlo mi permette di sperimentare tattiche di trasgressione, vie di sottrazione ai crudeli parametri dello sguardo etnico dell’Europa occidentale che si considera universale”.

“Con Still Not Still ero interessata alla catatonia e alla danze macabre. Ho scelto un approccio giocoso, creando un loop potenzialmente senza fine. Tutti gli interpreti si creano la propria fossa. La narrazione fisica è al cuore del lavoro, si sostanzia in immagini ricorrenti, scene macabre che si ripetono ancora e ancora, un sorta di rodeo oscuro, un reiterarsi di immagini del morire. Il Trionfo della morte di Bruegel è stato uno dei miei riferimenti principali, così come il film Deadpan di Steve McQueen.
La coreografia consiste nello scrivere il tempo, giocando con la durata volevo produrre queste immagini ricorrenti del morire fino a un effetto di esaurimento del tema.
L’idea di fondo della danza macabra è l’eguaglianza degli uomini al momento del riposo eterno. La mia provocazione è nel negare questa prospettiva: la realtà non è questa. Still Not Still sonda questa impossibilità di trovare quiete e speranza nella forma reiterata di una lamentazione”.

Danza Macabra, codice di Norimberga

NOTE

(1) Gli estratti qui ricomposti sono tratti dalle risposte di Ligia Lewis nelle conversazioni in: A. Kaminski, My Dreams Hold on to the Nightmares of What We Call Reality, in Berlin Art Week online Magazine, 2 settembre 2021; L. Lewis, I. Parkers, A way to Move Through it, in “Flash Art”, issue 343 vol. 56, Summer 2003, pp. 194-199; C. Damman, Legia Lewis, in “Bomb Magazine”, 15 maggio 2019; L. Lewis, S. Lewis, On creating a scene for the seeing place, and how to plot a scandal: a conversation between sister Ligia and Sarah, in Festival der Kunste online magazine, 12 Agosto 2022

(2) La conferenza Hold Me Now – Feel and Touch in an Unreal Worlds organizzata da Gerrit Rietveld Academie presso lo Stedelijk Museum di Amsterdam si è tenuta dal 21 al 24 marzo 2018


Giulia Crisci è ricercatrice e curatrice nel campo delle arti contemporanee, di base a Palermo. È dottoranda all’Università IUAV di Venezia. Il suo lavoro esiste nell’interazione tra arte, attivismo e pedagogie impegnate, interrogando l’emersione di narrazioni, sguardi e voci non dominanti a partire dal mediterraneo e dal Sud Globale. È parte del collettivo di Radio Commons_a Sonic Archipelago, piattaforma artistica e webradio. È co-curatrice di Limone Lunare, archivio di fonti orali dei movimenti e delle lotte siciliane. Tra le esperienze curatoriali più recenti: Eterotopie, sezione di Sicilia Queer Film Fest; Corrispondenze Immaginarie di Mariangela Capossela, in collaborazione con a.titolo; “curating in resonance” 2022-23 per Dancing on the edge Festival; iteam – programma pedagogico e di ricerca itinerante di Relais Culture Europe; Costruzioni Fantastiche/Diverse Visioni 2023 con l’associazione Blitz; Routes Agency e Roots&Routes Magazine on visual culture; Unidee-Università delle Idee di Fondazione Pistoletto.


Misticismo della carne è un contributo di
PRISMA – Complaint, A Lyric
Ligia Lewis nella città di Roma


VIANDANZE è la sezione di CUT/ANALOGUE delle scritture in interdipendenza dinamica con le pratiche artistiche e le opere presenti al festival (e altrove). Propone una forma di prossimità somatica tra chi osserva e chi è osservato per far balenare pensieri sul sensibile che avviene in scena.


ph Augustìn Farias

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