VIANDANZE

Compost come laboratorio

Per “stare a contatto con il problema”
di Valeria Cirillo

Cosa può un compost è il titolo del libro di Antonia Anna Ferrante che prende forma in una proposta speculativa: il compost può in tanti modi e per impararlo bisogna farlo. Nella compostiera, il compost prevede che il materiale organico di scarto venga trasformato in prezioso humus, tramite un processo di umidificazione attivato dal lavoro di batteri, vermi e altri microrganismi, e accompagnato poi dal lavoro dell’umano che ha il ruolo di prendersi cura e di creare le condizioni adeguate al lavoro degli organismi in intra-azione. Tutt’altro che detentore dell’azione – afferma Ferrante insieme con Bruno Latour – l’umano è qui attante fra gli/le altri/e: opera un movimento di decentramento, ispeziona, si inserisce tra gli/le attanti seguendo i passi del lavoro compositivo della materia. Osservando e investendo sugli scarti e sul loro potere trasformativo attivato nel processo di compost, è possibile imparare molte cose.
In Staying with the Trouble Donna Haraway, affascinata dall’attività di trasformazione e riassemblaggio della materia nel compost, coglie la tensione che opera nello sbrindellare i bordi, come ampliamento delle potenzialità. Accogliendo il suo movimento imprevedibile (con Haraway), il compost diviene modello critico. Nutrita degli studi sulla simpoiesi della biologa Lynn Margulis e dal modello queer della materia elaborato dalla fisica quantistica Karen Barad, Haraway ci invita a riflettere sul fatto che non solo i microrganismi, ma i viventi, e non tutti, co-evolvono e si trasformano, seguendo il desiderio della materia, che oltre il modello deterministico, si compone/scompone. Immergendo i nostri corpi nel mondo-compost e allenandoci a un sentire ecologico che rende visibili i legami di interdipendenza delle une con le altre, possiamo con-dar vita a nuove ecologie che sappiamo “stare a contatto con il problema”: la crisi socio-climatica generata dal sistema capitalistico e neocoloniale che sta estirpando insieme terre e corpi.
Antonia Anna Ferrante si riposiziona nel compost consapevole che, prodotto per contatto, è sempre situato. Posizionandosi lei stessa, incarna la lente-compost nei territori che l’hanno co-costituita: quelli culturali come attivista e studiosa queer, femminista, Terrona, e quelli geografici in Campania e nel Sud, dov’è co-divenuta insieme al suo ambiente, che è anche la munnezza iscritta nella pelle, co-evolutasi nella Terra dei Fuochi. Accogliendo il compost come strumento che sente le sovrapposizioni e gli incroci della materia, Ferrante ne complica il terriccio, intessendo le sue riflessioni con autrici e autori come Franz Fanon, José Esteban Muñoz, Ursola K. Le Guin (di cui nel testo è tradotta La Teoria Narrativa della Sacca), Jane Bennet, Luciana Parisi, e i saperi prodotti insieme a laboratori di lotta, tra cui Ecologie Politiche del Presente e Non una di meno Napoli, insieme a tante altre.
Se il compost ci aiuta a percepirci co-implicate nella potenza trasformativa della materia in contatto, si può anche imparare a evidenziare la violenza sistemica che lega, in maniera differenziale, le nostre materie sfruttate, violentate, estratte. Ferrante ci chiede, dunque, di soffermarci sulle strutture multiple che legano la coltura della terra e quella delle menti/corpi come culture che potremmo definire mono-colture/culture; ovvero, un modello moderno coloniale che indirizza l’esistenza dei corpi e delle terre, imponendo un modo di essere che per riprodursi esclude sistematicamente, strappando alla radice, tutte le forme di esistenza spontanee, imprevedibili e queer che gli nascono accanto.
Se imparare a con-sentirci compost è un posizionamento, Ferrante sembra suggerirci di riappropriarci della posizione che più ci rende vulnerabili insieme: quella dell’essere scarto. Pronti/e a tuffarci nelle compostiere come scarti possiamo confabulare a divenire humus, terreno di conflitto contro sfruttamento, estrattivismo, violenza sistemica. Cosa può un compost allora è una domanda che possiamo scogliere solo diventando-comune. E dunque cosa possono i corpi divenuti compost?


Valeria Cirillo è PhD Candidate in Filosofia politica presso l’Università degli Studi Roma Tre, dove si concentra sulle ricezioni contemporanee della filosofia di Alfred North Whitehead in una prospettiva ecologica e non-antropocentrica. Ha partecipato al master di Environmental Humanities dell’universita di Roma Tre. Svolge attività di ricerca presso il Groupe d’Etudes Constructivistes dell’universite libre de Bruxelles.


Nella sezione ECOTONI è possibile leggere un’estratto di Antonia Anna Ferrante dal suo volume, Cosa può un compost, Sosselli, Quodlibet, Macerata 2015


Antonia Anna Ferrante presenta il suo volume Cosa può un compost. Fare con le ecologie femministe e queer giovedì 15 settembre a WEGIL.


VIANDANZE è la sezione di CUT/ANALOGUE delle scritture in interdipendenza dinamica con le pratiche artistiche e le opere presenti al festival (e altrove). Propone una forma di prossimità somatica tra chi osserva e chi è osservato per far balenare pensieri sul sensibile che avviene in scena.

Vedi anche

Body Farm, la chiamata del corpo

Attilio Scarpellini in dialogo con Silvia Rampelli / Habillé d’eau, su Body Farm ospitato al Monte dei Cocci per Short Theatre 2023

Il posto di tutto il possibile

Giulia Crisci in dialogo con Nacera Belaza, coreografa franco-algerina sarà a presente a Short Theatre 2023, con il suo lavoro L’Envol.