ECOTONI

Palcoscenici Fantasma

di Bernard Vouilloux
Estratto Plateaux Fantasmatiques, Gisèle Vienne.

Gli stessi personaggi entrano in questa polimorfia dell’immagine in due modi, attraverso la stereotipia e il rapporto ambiguo che intrattengono con essa. Uno stereotipo non ha un’origine assegnata. È un tipo diffuso ma non è chiaro in che modo. In questo senso, lo stereotipo ha una certa affinità con quello che definiamo la posa, l’attitudine e il gesto che fanno un’immagine. Se Nabokov, ad esempio, è l’inventore del personaggio di Lolita (l’omonimo romanzo apparso nel 1955), non è certamente l’inventore della «lolita», né tanto meno di un nuovo modello di personaggio, quello dell’adolescente maschio, che potrebbe farci pensare a un tipo di personaggio reso manifesto, come dice Gisèle Vienne, da artisti come Dennis Cooper. Nabokov, infatti, si limitò a dare un nome e una storia a un personaggio che gli Stati Uniti, il paese che lo ospitava, aveva elevato a scala quasi culturale, ma la potente attrazione per la donna-bambina era già percepibile nel romanzo L’incantatore, che scrisse in russo nel 1939, poco prima di emigrare. La genesi dello stereotipo è sempre molto più complessa della percezione che ne abbiamo. Se è vero che gli stereotipi sono i miti della società moderna, dietro la trasparenza manifesta delle denominazioni antonomastiche (un Don Giovanni, un Arpagone, una Lolita…), che sembrano rinviare a un autore di partenza, c’è il complesso intreccio di immagini che si sviluppa all’interno di una società. È il caso dei «giovani», riconoscibili dal tratto distintivo del cappuccio in Kindertotenlieder e This Is How You Will Disappear, o dagli abiti indossati dai quindici giovani di Crowd, che rimandano a mode e usi tipici della street culture degli ultimi trent’anni. A questo proposito, il momento del cross-dressing in Splendid’s è un momento inaugurale: il capo della banda si traveste così da far credere alla polizia, che circonda il palazzo in cui lui e i suoi uomini si sono trincerati, di essere la figlia del milionario che hanno preso in ostaggio e che uno di loro ha ucciso per errore. Ma in questo momento viene coinvolto a sua volta nella vertiginosa trasformazione che la scenografia di Gisèle Vienne e Étienne Bideau-Rey fanno subire agli stati del corpo, dal momento che tutti i personaggi sono mascherati e mossi come fossero automi. Il flusso verbale del desiderio che passa da un personaggio all’altro compone una danza erotico-macabra con la rigidità delle maschere e gli scatti del movimento. Dagli stereotipi dei gangster di Genet, più bad guys che selvaggi, emerge, come il miracolo di un fiore, un altro stereotipo quello della «signorina» incarnata da un «duro».

Gisèle Vienne, This Is How You Will Disappear, ph. Seldon Hunt

Fin dai tempi di Splendid’s, Gisèle Vienne si è interessata allo stereotipo in quanto tale e alle sue radici nell’immaginario della nostra società. Se i suoi spettacoli non ignorano gli stereotipi del bad guy, del serial killer, del mostro, è soprattutto con le rappresentazioni sociali condivise, quelle dell’uomo-bambino e della donna-bambina, dell’uomo-oggetto e della donna-oggetto, del travestito, dell’androgino, del bel bambino, dell’adolescente, della bellezza in generale, che i suoi personaggi, singolarmente o in gruppo, si misurano. Infatti, una seconda caratteristica dello stereotipo risiede nella straordinaria plasticità dell’uso al quale si presta, a partire da quelle proprietà fisiche «elettive», come la biondezza (quella di Anja Röttgerkam in Une Belle Enfant Blonde e The Pyre, di Margrét Sara Gudjónsdottir in This Is How You Will Disappear, di Aurore Ponomarenko in Éternelle Idole), eventualmente condivisa dalle «vere» bambole e le danzatrici-bambole (bisogna notare, in quel caso, entrambe in maggioranza brune) o dall’attore Jonathan Capdevielle che assume l’identità di una donna transessuale alta, bionda e con i tacchi, di nome Jessica, in The Ventriloquists Convention. In questo caso, lo stereotipo ha molto a che fare con gli scenari immaginari del fantasma, senza escluderne le estensioni psicopatologiche, narcisistiche, esibizioniste, feticiste, sadiche, masochiste o altro: le tracce di sangue che spesso portano addosso le bambole di Gisèle Vienne sono i resti di questi scenari e i possibili esordi di nuove storie, così come le bambole viventi che sono le danzatrici bionde o brune sono spesso provviste di accessori che somigliano a dei veri e propri richiami feticisti (le scarpe con il tacco alto di Anja Röttgerkamp in Une Belle Enfant Blonde e in The Pyre, i collant che le costringono le gambe).

Gisèle Vienne, Une belle enfant blonde, ph. Emile Zeizig

«L’aspetto sorprendente delle bambole», secondo Gisèle Vienne, «è che ci permettono di comprendere chiaramente cosa sia uno stereotipo, essendo entrambi corpi spersonalizzati. Queste, infatti, generano dei nodi drammaturgici a partire dai quali i nostri fantasmi possono circolare». Più lo stereotipo è radicato, più è forte l’attrazione che esercita su ciascuno. Ecco perché le figure pubbliche e mediatiche, «spersonalizzate» dalla loro iconicità, sono particolarmente esposte alle riappropriazioni desideranti: «fantasticare su» (un’atleta, una pattinatrice, una danzatrice…) fa parte della grammatica dello stereotipo. Ma questa grammatica è ambivalente: se Éternelle Idole suggerisce che la ricerca della perfezione inseguita dalla pattinatrice e dal suo allenatore è governata dall’economia folle del fantasma della purezza alla quale obbediscono e che al contempo è in grado di distruggere il corpo che ne è lo strumento, This Is How You Will Disappear ripartisce tra l’allenatore e la rockstar le due polarità contraddittorie, protettrice e distruttrice, di cui l’atleta, a sua volta invischiata nelle sue contraddizioni, è la posta in gioco. È proprio questa la terza caratteristica della relazione tra immagine, stereotipo e fantasma che incide sulle nostre percezioni con un coefficiente di incertezza, mettendoci in discussione allo stesso modo di una narrazione multimediale, perforata, lacunosa, ipotetica e congetturale. Si capisce quindi perché l’immagine stereotipata e manipolata dal fantasma occupa un posto centrale nelle storie di Gisèle Vienne e Dennis Cooper: la bella creatura è l’immagine che chiede di essere rimossa, mentre i ragazzi sono perseguitati dalla morte. La frase «I was young and my head was full of death» che la rockstar di This Is How You Will Disappear si sussurra, riecheggia la terribile confusione di Brad, una delle vittime di Dean Corll: «C’è troppa confusione nella vita. E la morte ha l’aria di essere un posto meraviglioso. Il peggio che potrebbe accadere qui è che non diventi nulla, e mi va bene così. Secondo alcuni potrebbe essere troppo bello lì. Tutti quei cazzo di demoni! Punire i vivi! Sono pronto».

Gisèle Vienne, The Ventriloquists Convention, ph. Estelle Hanania

Estratto da Palcoscenici Fantasma di Bernard Vouilloux.
© Plateaux Fantasmatiques, Gisèle Vienne, Shelter Press 2020, © Palcoscenici Fantasma – Gisèle Vienne, NERO 2022, Short Books, trad. Edoardo Lazzari.

La serie Short Books nasce dalla collaborazione tra NERO e il festival Short Theatre ed è rivolta all’intreccio tra estetica, pensiero critico e pratiche performative.


Short Theatre 2022 dedica a Gisèle Vienne PRISMA, un progetto espanso di rifrazioni che coinvolge diversi luoghi e partner offrendo alla città l’attraversamento dell’opera transdisciplinare della coreografa, regista, burattinaia e artista visiva franco-austriaca. Gisèle Vienne è presente nella programmazione del festival con i due spettacoli L’Etang (11 e 12 settembre), Crowd (17 e 18 settembre), l’installazione 40 Portraits 2003-2008, visitabile per tutta la durata del festival, il film Jerk e il talk Plateaux Fantasmatiques con Gisèle Vienne, Piersandra Di Matteo e Barbara Leda Kenny.

in copertina copertina L’Etang, (11 settembre) © Claudia Pajewski/Short Theatre 2022


ECOTONI è la sezione di CUT/ANALOGUE che apre agli immaginari provenienti da altri mondi concettuali, discorsivi, materiali, in “forma di estratto”. Funge da transizione tra ecosistemi adiacenti suggerendo spostamenti graduali, nella tensione oscillatoria dell’in-tra.

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